KUMITE

Il combattimento rappresenta il momento dello scontro tra due avversari ognuno dei quali può portare attacchi isolati o in successione o in combinazione, avendo come scopo di superarsi a vicenda senza, tuttavia, colpirsi con la deliberata volontà di procurare un danno fisico. Ciò significa controllo del colpo ed è questo l’aspetto più interessante ma più complesso dell’allenamento del combattimento libero poiché il concetto di controllo del colpo non ha semplicemente un significato fisico ma rappresenta un esercizio di controllo mentale vale a dire un esercizio di alta intensità e concentrazione psichica.
L’ avversario dovrà essere affrontato con serenità di spirito e con la piena convinzione di doveme rispettare la capacità tecnica, la dignità personale e l’integrità fisica. Il praticante, in altri termini, non deve mai affrontare l’avversario con l’intenzione di prevalere sul piano fisico esercitando una forza che sarebbe fatta solo di brutalità bensì deve cercare di affermare un primato tecnico e psicologico dimostrando di aver messo a frutto in modo migliore i risultati dell’allenamento. E’ particolarmente importante riuscire a mantenere un alto grado di concentrazione mentale in modo da essere preparato a respingere qualsiasi attacco in qualunque modo ed in qualunque momento venga portato avendo, nello stesso tempo, la prontezza necessaria per far seguire immediatamente una tecnica di contrattacco. Altrettanto importante è riuscire a disturbare il grado di concentrazione dell’avversario facendone diminuire il livello e l’intensità attraverso una serie di spostamenti e di finte che consentano di portare poi l’attacco prescelto nel momento in cui l’avversario è meno preparato a respingerlo.

 

Combattimento: maestro di vita

Nella cultura occidentale è radicata la convinzione che il corpo rappresenti soltanto l’involucro di un contenuto prezioso: l’intelletto.
In Oriente, al contrario, sfera mentale e corporea sono considerate indissolubili e costituiscono l’unità universale di tutte le realtà del mondo. Pertanto, la cura del corpo sottende inevitabilmente alla purezza dello spirito, così come contenente e contenuto sono legati da un vincolo che li pone su un piano parìtetìco.
La pratica di un’arte marziale è concepita come ricerca dell’equilibrio e dell’armonia fra le componenti dell’essere umano: corpo e mente non sono esercitati per se stessi, ma l’uno per l’altra, in una pratica che costituisce una vera filosofia di vita. E quindi del tutto comprensibile come lo studio dell’arte marziale debba essere inteso come un’attività duratura per tutto l’arco dell’esistenza. In questo contesto, l’evento sportivo va ridimensionato e delimitato da precisi contorni. La pratica del karate non deve essere identificata con la prestazione agonistica, anche se questa rappresenta un momento importante, sebbene non indispensabile, nella vita di un karateka. Ciò che conta realmente non è la gara o il risultato, ma quanto l’arte riesce a infondere nel praticante, migliorandolo. Si dice correttamente che il karate può essere studiato e intrapreso a ogni età, non a tutte è comunque possibile cimentarsi in una gara, ma non per questo un karateka “tardivo” è meno bravo, completo o degno di stima di un giovane campione. Ognuno, nel Karate Tradizionale, è importante per ciò che realmente è, non per quel che sembra.
L’arte marziale, conseguentemente, costituisce la via dell’essere, non quella dell’apparire
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Vincere o imparare a combattere?

In quest’ottica l’arte del combattere, che si materializza nel rito del combattimento, assume un ruolo molto significativo e universalmente valido. In ogni momento della vita, quotidiano o solenne, l’uomo è messo alla prova. La risposta è dentro di sé e va ricercata nella capacità di reagire opportunamente agli stimoli esterni, di controllare emozioni e azioni. Il combattimento, il confronto-scontro, prepara a fornire risposte immediate ma anche a porsi domande future, nel rispetto proprio e altrui.
Non è tanto importante, dal punto di vista formativo, riuscire a vincere quanto imparare a combattere. Per affrontare un combattimento o un qualunque frangente della vita quotidiana, è necessario conoscere le proprie risorse, prevedere i movimenti dell’avversario così come gli sviluppi delle situazioni contingenti per predisporre una risposta adeguata. Le condizioni ambientali determineranno poi la scelta dell’attesa-difesa o dell’iniziativa-attacco. Questo è fronteggiarsi, sul tatami come nella vita d’ogni giorno, affrontando la realtà a viso aperto senza grettezze o sotterfugi.
Sul piano educativo, la pratica del Karate Tradizionale permette l’accettazione del confronto, l’espressione in un combattimento privo di rischi, l’applicazione e l’utilizzo appropriato degli elementi tecnici fondamentali, favorendo una corretta maturazione della personalità nel bambino e nell’adolescente, così come un adeguato consolidamento di essa nell’adulto e nell’anziano.
A quale età intraprendere lo studio del karate dipende sicuramente dalle aspettative e dalle aspirazioni individuali. La naturale curiosità del bambino in età prescolare potrebbe costituire un solido punto di partenza, non tanto per l’acquisizione della tecnica, per la quale esistono momenti successivi sicuramente più idonei, quanto per l’educazione alla scoperta delle risorse soggettive e oggettive.
La competenza del maestro e la sua conoscenza dello stadio evolutivo dei piccoli allievi sono l’unica pregiudiziale nei confronti dell’insegnamento di un’arte marziale a bambini in tenera età. Tuttavia, è auspicabile che vengano predisposti adeguati percorsi formativi per divulgare questa affascinante disciplina nei giovanissimi, tenendo conto dei sani principi su cui essa si basa.

Michela Turci (dalla rivista Sport e Medicina)


Origini

Il Kumite nel Karate Shotokan fu introdotto dal Maestro Yoshitaka Funakoshi tra gli anni 1930 - 1935 prendendo spunto dal Kendo appreso dal M° Hakudo Nakayama padre del M° Masatoshi.
In questo modo, attorno all'anno 1930, venne codificato il Gohon Kumite. Successivamente verso il 1933 venne inserito nei sistemi di allenamento il Kihon Ippon Kumite e verso il 1935 il Jiyu Kumite.
Risulta dai racconti e da diverse fonti che il padre, Gichin, non apprezzava completamente questa pratica ritenendola pericolosa e inopportuna anche in considerazione del fatto che il suo l'allenamento comprendeva il solo studio del kata infatti così cita il Maestro Gichin nel suo libro Karate Do il mio stile di vita : "....Notte dopo notte, spesso nel cortile posteriore della casa di Azato io praticavo il kata. ..... Ripetutamente settimana dopo settimana qualche volta mese dopo mese ....".

 

Vari tipi di kumite

Nel nostro stile sono presenti diversi metodi di allenamento al Kumite così suddivisi:
Gohon Kumite Cinque passi attacco dichiarato
Sanbon Kumite Tre Passi attacco dichiarato
Kihon Ippon Kumite Attacco con un passo attacco dichiarato
Jiyu Ippon Kumite Attacco dichiarato con un passo da distanza libera
Jiyu Kumite Kumite Libero

Il Gohon Kumite è in sintesi una combinazione di attacchi diretti in successione di cinque passi, si tratta di una forma di kumite adatta ai principianti essendo utile all'acquisizione di potenza, capacità reattiva all'attacco ed elasticità nei movimenti.

Il Sanbon Kumite è combinazione di attacchi diretti in successione di Tre passi, si tratta di una forma di kumite più difficile del precedente gohon kumite.
Nel sanbon Kumite il tempo dell'attacco viene assimilato e valorizzato attraverso la scelta del tempo, gli attacchi debbono venir ritmati.
Attraverso questo tipo di Kumite si acquisisce maggiormente la capacità di scelta del tempo degli attacchi.

Il Kihon Ippon Kumite è una forma di combattimento ad un passo eseguendo come i precedenti una sola tecnica di attacco.
Nel Kihon Ippon il tempo dell'attacco viene lasciato alla discrezione dell'attaccante.
Attraverso questo tipo di Kumite si acquisisce maggiormente la capacità di mantenere sotto controllo il livello emozionale, sarà cura del difensore non perdere questo tipo di controllo che dovrà necessariamente essere coltivato mantenendo la mente sempre calma e pronta all'evenienza. Comprendendo bene la relazione fra parata e contrattacco, la distanza sia dell'attacco che della difesa. Scelta di tempo della difesa, difendere all'ultimo momento.

Con il Jiyu Ippon Kumite ci si avvicina al combattimento libero, in questo caso l'attaccante , pur rimanendo legato alla dichiarazione dell'attacco, ha a suo favore la scelta del tempo e la distanza.
Il concetto di "una sola tecnica" deve sempre essere presente, l'attaccante non avrà altre opportunità di attacco e quindi dovrà preparare con cura il momento, dovrà rompere l'equilibrio psicofisico dell'avversario (Kyo) dovrà crearsi l'opportunità per portare a termine quanto si è prefissato. Compito del difensore è ovviamente evitare che questo avvenga mantenendo un alto, livello di concentrazione e di mobilità. la difesa deve essere decisa e precisa questo vale anche per lo spostamento che dovrà essere effettuato con rapidità e precisione della direzione.

Il Jiyu Kumite è combattimento libero.
Non c'è distinzione tra attaccante e difensore perché entrambi possono trasformarsi sia in attaccante che in difensore.
Anche in questo caso il concetto di "una sola tecnica" deve sempre essere presente, l'assoluto controllo delle proprie facoltà psicofisiche deve essere sempre presente, il controllo della tecnica deve sempre essere massimo, l'incolumità fisica dei contendenti deve essere la prima regola che vige in questo tipo di Kumite.